"Io al fianco di Biagio Conte e la lezione di Rostagno"


Didascalia: "Io al fianco di Biagio Conte e la lezione di Rostagno"

Condivide il percorso di Biagio Conte, ha dormito con lui sotto i portici delle Poste, a Palermo, dove "Fratel Biagio", col suo digiuno, ha invitato tutti, anche noi giornalisti, a non girarsi dall'altro lato, a guardare e farsi carico dei troppi emarginati che vivono in condizioni di grave indigenza. A lui, a Riccardo Rossi, giornalista pubblicista, "giornalista di strada", abbiamo chiesto il perché di questa sua scelta.

 

Ho deciso di stare in strada, davanti la posta centrale di Palermo in via Roma, accanto a Biagio Conte per dare voce alle periferie dell’esistenza, ai più deboli, che ogni giorno sono sempre più dimenticati e soli. Perché lo faccio? Noi giornalisti abbiamo, credo, il dovere di aprire gli occhi sulle tante emarginazioni di questa società: quella dei disabili, dei senza fissa dimora, degli immigrati, dei carcerati, dei malati, dei tossicodipendenti. Dovremmo smettere di essere i “passa comunicati dei potenti”, i “velinari” delle istituzioni, operando una condizione di controllo e di pungolo per stimolare la costruzione di una società più giusta, dove non esistano più periferie. Dobbiamo essere comunicatori sociali onesti, che vanno a cercare le notizie, non stando seduti comodamente in poltrona, ma andando anche ai margini di questa società dove c’è tanto dolore e disperazione. Occorre andare nei quartieri ghetto, negli angoli delle strade, lungo le coste sicule dove avvengono gli sbarchi, nelle case dove vivono diversamente abili lasciati nelle loro solitudini, nelle missioni, nelle mense, le carceri, negli ospedali. È urgente raccontare le loro storie, per rompere questo assordante silenzio.

 

Nel parlarne ci accorgeremmo di un mondo che non è fatto di stereotipi, ma di tante urgenze da affrontare, ma anche di tanta dignità e bellezza. I veri poveri hanno più dignità di molti nostri politici che ogni giorno fanno i loro annunci sui giornali che non diventeranno mai fatti concreti. Invece ci sono tante belle storie da scrivere, di persone che fanno bei gesti, che sono solidali, che superano barriere sia fisiche, sia mentali. In una crisi della stampa sempre più grande, abbiamo smesso di essere autorevoli e siamo diventati deprimenti: spesso i giornali sono solo sangue, sesso e soldi, corruzione, dicono sempre le stesse cose e quasi sempre brutte. Eppure, se solo provassimo ad allungare il nostro sguardo, troveremmo anche tanta bellezza, che vale la pena di raccontare. Dovremmo sperimentare le periferie, sull'esempio di un grande comunicatore sociale e giornalista come Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia. Parlava della mafia, ma anche e soprattutto dei problemi della gente comune. Tutti noi dovremmo toccare con mano le periferie umane come ha fatto Rostagno, che si occupava concretamente di tossicodipendenti e di alcolisti per recuperarli. Per trattare i temi sociali occorre conoscere bene questi argomenti. Il giornalista deve calarsi dal suo piedistallo di potere, per scendere con umiltà e delicatezza verso chi soffre, per raccontare storie difficili, ma anche tante storie di rinascita. Se un drogato muore fa notizia, se esce dal giro della droga e recupera la sua vita, no. Ecco, buon giornalismo è anche saper dare voce a chi non ha voce, dare voce alle periferie dell'esistenza, provando a illuminare il buio.

Riccardo Rossi